Cosa è successo a Brandizzo non lo sapremo fino a quando un tribunale non lo accerterà.
La prima riflessione che mi viene da fare, però, è che questa procedura è in uso da anni, presso le centinaia di cantieri che ogni giorno operano sui binari ferroviari occupando migliaia di lavoratori. Se la procedura avesse delle falle così gravi, gli incidenti sarebbero stati parecchi e si sarebbero verificati già da tempo.
Ipotizziamo che la ricostruzione giornalistica sia corretta, che il dipendente accusato fosse esperto e avesse già svolto quelle mansioni in più occasioni. Supponiamo, insomma, che fosse stato adeguatamente formato ed informato. Aggiungiamo inoltre che (sempre secondo quanto riportato dai giornali) era stato espressamente avvisato del passaggio del treno ritardatario e che gli era stata negata l’autorizzazione.
Siamo perciò al cospetto di un comportamento abnorme del dipendente?
La Corte di Cassazione ha sempre reso un'interpretazione assolutamente ristretta del concetto di comportamento abnorme del lavoratore. Si afferma talvolta, (anche nelle aule giudiziarie) che la negligenza del lavoratore è un'eventualità tutt'altro che imprevedibile e che il sistema prevenzionistico, in fondo, è stato ideato proprio per far fronte a quelle negligenze. In qualche sentenza si è anche statuito che, essendo il dipendente il destinatario delle norme antinfortunistiche, non gli si può mai addebitare la responsabilità dell’infortunio.
Mi sembra una prospettiva troppo semplicistica che non tiene conto dei molteplici e variegati aspetti dell'agire umano. Ma, soprattutto, mi sembra un'impostazione troppo deresponsabilizzante.
“Ammorbidire” la nozione di comportamento abnorme del lavoratore e ammettere, senza esclusioni aprioristiche, che in taluni casi anche la negligenza del lavoratore possa contribuire all'evento e, come tale, essere meritevole di reazione dell'ordinamento, potrebbe, forse, contribuire a rafforzare la tutela e mandare un messaggio ancora più forte per la salvaguardia della vita e della salute all’interno dei luoghi di lavoro.
Si badi bene, però, che tale approccio non potrebbe e non dovrebbe mai costituire un salvacondotto per i vertici aziendali, ma un monito anche per il primo destinatario della protezione prevenzionistica che sarebbe ancora più responsabilizzato circa il proprio obbligo di cooperazione.