Con sentenza C-195/14 del 4 giugno 2015 , la nona sezione della Corte di Giustizia UE ha affermato che le norme comunitarie ostano a che l’etichettatura di un prodotto alimentare e le relative modalità di realizzazione possano suggerire, tramite l’aspetto, la descrizione o la rappresentazione grafica di un determinato ingrediente, la presenza di quest’ultimo in tale prodotto, quando invece, in effetti, detto ingrediente è assente, e tale assenza emerge unicamente dall’elenco degli ingredienti riportato sulla confezione di detto prodotto.
La vertenza nasce dalla richiesta da parte della Corte federale tedesca che doveva sciogliere alcuni dubbi interpretativi sul diritto dell’Unione. Nella fattispecie concreta si chiedeva se potesse essere commercializzato un infuso, la cui etichetta raffigurava lamponi e fiori di vaniglia, alimenti che poi di fatto non comparivano nell’elenco degli ingredienti.
La Corte ritiene che nella situazione in cui l’etichettatura di un prodotto alimentare e le relative modalità di realizzazione, considerate nel loro insieme, suggeriscono che tale prodotto contiene un ingrediente che in realtà è assente, la suddetta etichettatura è tale da indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto in questione . E visto che lo scopo ultimo dell’etichettatura è quello di informare il consumatore sulle caratteristiche del prodotto è ritenuto forviante e quindi scorretto indicare sulla confezione di un prodotto alimentare un ingrediente che non figura nella lista degli ingredienti.