La sentenza in commento (10 marzo 2016 - Tribunale di Ivrea) si discosta, in maniera significativa ma assolutamente condivisibile, dall’orientamento giurisprudenziale di gran lunga maggioritario.
La giurisprudenza ha elaborato ormai da decenni, infatti, alcuni principi partendo dall’idea che lo scopo delle norme antinfortunistiche è quello di prevenire (anche) la colpa del lavoratore: il comportamento del lavoratore può costituire la causa unica dell’infortunio (o, se si preferisce, si può definire “abnorme”) solo se si tratta di condotte assolutamente estranee dal contesto lavorativo (ad esempio utilizzazione di attrezzi o macchinari per finalità diverse da quelle loro proprie; esercizio di propria iniziativa di mansioni diverse da quelle attribuite), nemmeno tollerate dal datore di lavoro.
Il dilemma del processo in oggetto poggiava in primo luogo sulla rilevanza da attribuire alla condotta dell’infortunato: era, da sola essa stessa, la causa delle lesioni, oppure si sarebbe dovuto individuare qualche altra responsabilità?
Ce ne parla l'Avvocato Daniele Zaniolo.
Causalità nel reato di lesioni personali colpose. Quando la condotta del lavoratore viene ritenuta la causa unica dell’infortunio
7 aprile2016
di: Avv. Daniele Zaniolo
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