di: Avv. Giovanna Soravia – Studio Legale Soccol
La denominazione di vendita, come le altre indicazioni utilizzate nella commercializzazione e nella pubblicità dei prodotti alimentari, deve essere e risultare univoca e non ingannevole. Nel caso dell’uso di parole quali “latte”, “burro”, “formaggio”…. può violare le norme sulla concorrenza sleale e quanto previsto dal Reg. UE n.1308/2013 sulle denominazioni riservate a latte e prodotti lattiero-caseari. Vedremo come, sul punto, si è pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione europea, Settima sezione, con sentenza C-442/16 del 14 giugno 2017, interpellata su rinvio pregiudiziale da parte di un Giudice tedesco.