Sul destino delle microplastiche in ambiente marino

di: Fernando Tateo - Laboratori di Ricerche Analitiche e Tecnologiche su Alimenti e Ambiente – Di.S.A.A. Università degli Studi di Milano

Le materie plastiche prodotte dal 1950 ad oggi raggiungono 6.000 -7000 milioni di tonnellate, di cui circa 4/5 è finite in discarica e solo piccola parte in inceneritori ed in riciclaggio.
Spinti dalle correnti, tali residui finiscono, viaggiando in gran parte in superficie, in larghe aree di confluenza, una delle quali è denominata “vortice del pacifico” settentrionale.

Uno studio pubblicato recentemente da L.Mariani mira a verificare il potere distruttivo di polistirolo espanso, polipropilene e polietilene da parte della luce solare. Il risultato della sperimentazione condurrebbe a dimostrare che il periodo occorrente per la dispersione del carbonio da parte di un residuo di materia plastica sarebbe compreso entro i 2,7 anni per il polistirolo espando, 4,3 anni per il polipropilene e 33 anni per il polietilene. Una visione, quindi, meno allarmistica riguardo al sua pericolosità.

In realtà il carbonio “disperso” si traduce in sostanze organiche a basso peso molecolare utilizzabili senza difficoltà da microrganismi marini che contribuiscono in maniera fondamentale alla catena alimentare dello stesso ambiente marino.