La Corte di Giustizia dell’Unione europea su qualità degli alimenti e loro origine o provenienza

La Corte di Giustizia dell’Unione europea su qualità degli alimenti e loro origine o provenienza

di: Giovanna Soravia

La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha da pochi giorni pronunciato una sentenza risolvendo alcune questioni pregiudiziali riguardanti l’interpretazione degli artt. 26, 38 e 39 del Reg. UE n.1169/2011.


La tematica è quella dell’indicazione dell’origine o provenienza degli alimenti, e prende il via dalla causa C-485 intentata nel 2018 dalla società francese Groupe Lactalis contro i Ministri francesi della Giustizia, dell’Agricoltura e dell’Economia diretta all’annullamento di un Decreto del 2016 che impone l’indicazione dell’origine francese, europea o extra-europea del latte e del latte quale ingrediente, poi rimessa dal Consiglio di Stato francese al giudizio pregiudiziale della Corte.

Dopo aver vagliato le quattro questioni pregiudiziali sottoposte alla sua attenzione, la Sezione terza della Corte di Giustizia in data 1 ottobre 2020 ha emanato la sentenza dichiarando:

“1) L’articolo 26 del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione, deve essere interpretato nel senso che l’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza del latte e del latte usato quale ingrediente deve essere considerata una «materia espressamente armonizzata» da tale regolamento, ai sensi dell’articolo 38, paragrafo 1, di quest’ultimo, nei casi in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore, e che esso non osta a che gli Stati membri adottino disposizioni che impongono ulteriori indicazioni obbligatorie, sulla base dell’articolo 39 di detto regolamento, purché queste ultime siano compatibili con l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione mediante l’armonizzazione espressa della materia dell’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza e purché esse formino un insieme coerente con tale indicazione.

2) L’articolo 39 del regolamento n. 1169/2011 deve essere interpretato nel senso che, in presenza di disposizioni nazionali che siano giustificate, alla luce del paragrafo 1 di tale articolo, dalla protezione dei consumatori, i due requisiti di cui al paragrafo 2 di detto articolo, vale a dire l’esistenza di un «un nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza», da un lato, e gli «elementi a prova del fatto che la maggior parte dei consumatori attribuisce un valore significativo alla fornitura di tali informazioni», dall’altro, non devono essere intesi congiuntamente, cosicché l’esistenza di tale nesso comprovato non può essere valutata solo sulla base di elementi soggettivi, attinenti al valore dell’associazione che la maggior parte dei consumatori può stabilire tra talune qualità dell’alimento di cui trattasi e la sua origine o provenienza.

3) L’articolo 39, paragrafo 2, del regolamento n. 1169/2011 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «qualità dell’alimento» non include la capacità dell’alimento di resistere al trasporto e ai rischi di alterazione nel corso del tragitto, cosicché tale capacità non può rilevare ai fini della valutazione dell’esistenza di un eventuale «nesso comprovato tra talune qualità dell’alimento e la sua origine o provenienza», di cui alla suddetta disposizione”.