di: Avv.ti Daniele Zaniolo e Pietromatteo La Sala
I protocolli nazionali richiamati dal DPCM del 26 aprile scorso, impongono alle imprese di adeguare l’organizzazione del lavoro alle nuove esigenze di contenimento del rischio infettivo.
Il datore di lavoro e l’RSPP devono accertare se tale nuova organizzazione incida sugli altri rischi specifici del lavoro e, in caso positivo, devono valutare se vi sia necessità di adottare nuove misure di prevenzione o di modificare le cautele che sono state già adottate.Anche il medico competente, così come l’RSPP, ha una funzione consultiva del datore di lavoro. I due ruoli, da un punto di vista giuridico, non possono però essere trattati unitariamente. Il medico infatti è responsabile penalmente qualora non attenda adeguatamente ai propri incarichi perché la violazione dei suoi obblighi, a prescindere dal verificarsi di infortuni, è penalmente sanzionata. Le sanzioni sono contenute nell’art. 58 del TUSL. In particolare, la “mancata collaborazione” del medico competente alla redazione del DVR è punita con la pena dell’arresto fino a mesi tre o con l’ammenda da euro 400 a euro 1.600. L’avvento di un rischio “nuovo”, seppur non specifico, comporta da subito un necessario adeguamento dell’operato del medico in ottica di informazione/formazione del personale e gestione della sorveglianza sanitaria. L’intervenuto Protocollo del Ministero della Salute n. 14915 del 29 aprile 2020 (vedi News) indica, da un punto di vista tecnico operativo, l’ordine di priorità delle attività del medico competente.