Produttori di carne brasiliani perdono la causa davanti al Tribunale dell’Unione: cancellati gli stabilimenti dall’elenco, fermate le importazioni

Produttori di carne brasiliani perdono la causa davanti al Tribunale dell’Unione: cancellati gli stabilimenti dall’elenco, fermate le importazioni

di: Giovanna Soravia

Con la recente sentenza dello scorso 8 luglio, il Tribunale dell’Unione europea ha respinto il ricorso promosso contro la Commissione dalle due società brasiliane BRF SA e SHB Comercio e Industria de Alimentos SA, del gruppo BRF capital, tra i maggiori produttori e distributori mondiali di carne e prodotti a base di carne (nel 2017 le due società hanno esportato per il gruppo BRF ben 152.107 t di carne di pollame nel mercato dell’Unione europea).

Sino al 2018, dodici stabilimenti di queste due società erano compresi nell’elenco degli stabilimenti per i quali l’autorità brasiliana aveva dato specifiche garanzie di rispetto dei requisiti previsti e richiesti dal diritto dell’Unione per le importazioni di prodotti di origine animale (in applicazione della specifica normativa verticale sui controlli ufficiali data dal Reg. CE n.854/2004).
In virtù del Regolamento di esecuzione n.700/2018 della Commissione, però, gli stabilimenti sono stati cancellati dall’elenco in quanto era stata rilevata la carenza delle condizioni e delle garanzie richieste dall’Unione europea in termini di sicurezza pubblica (la notifica, tramite il sistema RASFF, di un gran numero di casi di presenza di Salmonella nella carne di pollame e nelle preparazioni a base di carne di pollame provenienti da tali stabilimenti), ed erano stati altresì accertati alcuni casi di frode e falsificazioni nel sistema delle certificazioni dei laboratori.
Le due società brasiliane avevano dunque adito il Tribunale dell’Unione, adducendo sei motivi di ricorso e chiedendo l’annullamento del Regolamento di esecuzione n.700/2018, nella causa T-429/2018.

Il ricorso è stato respinto. Quegli stabilimenti non possono più esportate nel mercato UE.

In particolare, il Tribunale ha evidenziato che la modifica dell’elenco degli stabilimenti “non è il risultato di una valutazione, da parte della Commissione, del comportamento individuale degli stabilimenti considerati in quanto tale, ma unicamente una valutazione dell’affidabilità delle garanzie offerte dalle autorità competenti riguardo ad essi. Soltanto laddove elementi relativi alla situazione esistente in uno o più stabilimenti siano pertinenti per la valutazione dell’affidabilità delle garanzie da parte delle autorità del paese terzo, la Commissione è chiamata, se del caso, a tenerne conto”.
Ancora, ha precisato che “la Commissione è libera di stabilire la soglia di affidabilità delle garanzie offerte dalle autorità competenti di un paese terzo a un livello particolarmente elevato, dato che gli obblighi di motivazione comportano, in tale contesto, per la Commissione il dovere di esporre i motivi che l’hanno indotta a ritenere che le autorità brasiliane non offrissero più le garanzie previste dal regolamento n. 854/2004 con riguardo agli stabilimenti interessati. Più in particolare, per quanto concerne i casi di frode individuati in Brasile nel marzo 2018, occorre rilevare che la natura stessa della frode in questione, relativa alla certificazione dei laboratori per le carni, comprese le carni di pollame, e i prodotti a base di carne esportati nell’Unione, era tale da mettere in discussione l’affidabilità delle garanzie che le autorità brasiliane sono tenute a offrire. Inoltre, la Commissione non era tenuta a indicare, nel regolamento di esecuzione impugnato, quali allarmi specifici, emessi dalle autorità degli Stati membri a seguito di ciascun controllo alle frontiere dell’Unione, riguardavano ciascuno degli stabilimenti elencati nell’allegato di tale regolamento, e il fatto che le autorità brasiliane abbiano esse stesse scoperto la frode e che stiano conducendo le indagini ancora in corso non rivela alcuna contraddizione nella motivazione”.