Illeciti ambientali, è legittimo il divieto di disapplicazione della confisca

Illeciti ambientali, è legittimo il divieto di disapplicazione della confisca

di: Vincenzo Morena
È da escludere che l'omessa previsione di un'ipotesi di disapplicazione della confisca in relazione alle fattispecie contravvenzionali contemplate dal Codice dell'Ambiente comporti la violazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale costituzionalmente garantito. Si è espressa in questi termini la Cassazione nella sentenza n. 15965, depositata il 27 maggio.

I Giudici di Piazza Cavour hanno, così, giudicato infondato il motivo di ricorso dell’imputato – accusato di aver trasportato rifiuti speciali pericolosi e non, in assenza delle necessarie autorizzazioni – incentrato sulla (presunta) illegittimità costituzionale del divieto di disapplicazione della confisca per gli illeciti ambientali. Secondo le prospettazioni difensive, il divieto dovrebbe essere cancellato, e la confisca cassata, in caso di messa in sicurezza, attività di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi. Questo ancor più perché, sostengono gli avvocati del ricorrente, il Codice penale, all'art. 452 undecies, prevede, a scopo premiale, che la confisca non trovi applicazione per una serie di reati (inquinamento ambientale, traffico o abbandono di materiale radioattivo, per citarne alcuni) laddove il soggetto abbia assunto un comportamento correttivo dell'illecito commesso, provvedendo, quindi, alla messa in sicurezza dei luoghi o, se necessario, alla bonifica. «Sarebbe del tutto illogico», conclude, quindi, la difesa, «impedire la disattivazione della confisca per le contravvenzioni», che sono, per l’appunto, meno gravi dei delitti.

Secondo gli Ermellini, per risolvere la questione risulta fondamentale chiarire la distinzione tra la finalità della confisca prevista dal Codice Rocco e quella del D.Lgs. n. 152/2006: l’art. 452 undecies del cod.pen., infatti, ha una funzione risarcitorio-ripristinatoria, mentre ha natura sanzionatoria – repressiva quella della confisca del TUA. La norma del Codice penale, spiega la Corte Suprema, «vincola la destinazione dei beni confiscati esclusivamente alla bonifica dei luoghi», prevedendo, quindi, che gli stessi siano messi nella “disponibilità” della pubblica amministrazione; analoga formulazione non si trova, invece, per quanto riguarda la confisca del Codice dell’ambiente. «E la bonifica», precisa, poi, la Cassazione, «è attività di solito assai onerosa per il soggetto che è chiamato a sostenerne i costi: per questo il legislatore ha riservato l’istituto premiale della disapplicazione ai soli delitti in grado di produrre sull’ambiente effetti disastrosi e talvolta irreversibili, lasciando fuori dall’ambito applicativo della norma le ipotesi colpose, generalmente incapaci di produrre un effetto inquinante di tale nocività».

Pertanto, conclude il Massimo Organo giudicante, non è irragionevole la scelta di precludere all’autore del reato contravvenzionale che abbia posto in essere l’attività riparatoria, di beneficiare di tale causa di esclusione della confisca.