Il caso:
Nell’ambito della predisposizione della sede di un evento fieristico, un dipendente è caduto da una scala riportando lesioni gravi. La scala, su espressa indicazione del committente, poggiava su un foglio di plastica che proteggeva la sottostante moquette. Non è dato di sapere, dalla lettura della sentenza, se tale circostanza abbia avuto o meno una rilevanza causale nell’infortunio. Non si capisce, insomma, il motivo per il quale la scala si sia inclinata causando la caduta del dipendente.
Per tale fatto sono stati processati:
- l’amministratore della società committente dei lavori, per non aver nominato il coordinatore per l’esecuzione dei lavori;
- il legale rappresentante della ditta affidataria dei lavori per non aver adempiuto all’obbligo della redazione del POS e di non aver verificato le condizioni di sicurezza del cantiere;
- il titolare della ditta prima subappaltatrice di non aver redatto il POS e di non aver verificato le condizioni di sicurezza del cantiere;
- il titolare della ditta individuale, seconda subappaltatrice, datore di lavoro dell’infortunato.
Tutte queste omissioni, secondo la contestazione, avrebbero concorso nella causazione delle lesioni personali conseguenti all’infortunio.
Come si vede, insomma, tutti i responsabili di tutte le imprese della “filiera” dei lavori sono stati coinvolti nel processo penale. Secondo i giudici di merito, infatti, si era al cospetto di un appalto di opere con i conseguenti obblighi di legge in materia prevenzionistica.
In verità i documenti citati nel passaggio della motivazione, vale a dire il POS e il PSC, sono previsti non per qualsiasi appalto o subappalto, ma solo per l’esecuzione di opere all’interno dei cantieri mobili o temporanei, e, nel caso in esame, non lo erano. Ma è comunque ammessa la condanna per la violazione dell’articolo 26 TUS, a condizione che siano verificate le omissioni agli obblighi previsti da quest’ultima disposizione. (Sentenza 8 novembre 2021, n. 39982 Corte di Cassazione Penale, sez. III)