La confisca è quello strumento giuridico attraverso il quale lo Stato si appropria in via definitiva di un bene che è stato utilizzato per la commissione di un reato o che, comunque, ha una certa connessione con l’illecito. Non esiste una disciplina unitaria dell’istituto. In alcuni casi è stabilito esplicitamente su quale bene possa essere applicata, in altri casi, invece, la confisca ha come oggetto genericamente i “beni” riferibili al condannato.
A seguito di molteplici interventi della Corte di Giustizia Europea, è ormai acclarato che la confisca sia una sanzione penale vera e propria, sebbene nel nostro ordinamento sia fantasiosamente definita sanzione amministrativa accessoria o in altro modo.
A questo punto è necessario ricordare sempre che la legge prende vita per effetto delle decisioni dei giudici, il cui compito è quello di applicarla, interpretandola. E tale ultima attività è sovente “creativa”, nel senso che introduce regole che non sono esplicitamente scritte, ma che si ricavano dall’opera esegetica dell’interprete.
Nel caso in esame la confisca si è concretizzata sul “veicolo” utilizzato per la commissione del reato [Cassazione penale Sez. III n. 9762 del 22 marzo 2022 (CC 9 feb 2022)].
Ma se la responsabilità penale è personale, per quale ragione il terzo deve vedersi privato del proprio bene? L’argomento speso in giurisprudenza può essere così sintetizzato: il terzo, pur incolpevole, deve dimostrare di essere in buona fede, vale a dire che non sapeva che sarebbe stato fatto un uso illecito del suo mezzo.
In questo modo si capovolge la presunzione di innocenza nei confronti di un soggetto che è a priori considerato estraneo al reato e al quale, in sostanza, si chiede di dar prova della propria innocenza. Nemmeno all’imputato è chiesto tanto! Per lui, infatti, la presunzione di innocenza opera pienamente.
Tutto ciò avviene in un campo del diritto nel quale vige il rigoroso (?) principio della personalità della responsabilità penale.
In ambito amministrativo, invece, questo principio è mitigato, come vediamo nell’altra sentenza in commento (sentenza Sez. III 10 novembre 2021, n. 2491 del TAR della Lombardia).