Nel “considerando 1” della direttiva n. 633/2019 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 25 aprile 2019, si legge come “nella filiera agricola e alimentare (siano) comuni squilibri considerevoli nel potere contrattuale tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari. È probabile che tali squilibri nel potere contrattuale comportino pratiche commerciali sleali nel momento in cui partner commerciali più grandi e potenti cerchino di imporre determinate pratiche o accordi contrattuali a proprio vantaggio relativamente a un'operazione di vendita”, cosicché si è ritenuto opportuno “introdurre, nell'Unione, un livello minimo di tutela rispetto alle pratiche commerciali sleali per ridurne la frequenza, in quanto possono avere un effetto negativo sul tenore di vita della comunità agricola”.
In Italia, tale direttiva è stata recepita con l’ormai noto decreto legislativo n. 198/2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 285 del 30.11.2021.
Con tale decreto, l’Italia ha dato attuazione alla direttiva medesima, nonché all’art. 7 della Legge n. 53/2021 in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari.
Data la molteplicità dei contributi offerti da più fonti in ordine a quanto previsto e stabilito con il decreto nazionale, in questa sede eviteremo di incorrere in ripetizioni , ma cercheremo di soffermarci su alcuni punti della disciplina normativa in argomento che sul piano pratico ha destato e sta destando difficoltà applicative.