Il giudizio trae origine dalla decisione nel 2017 dell'Agenzia Ue per le sostanze chimiche - su un caso sottoposto dall'autorità francese - che aveva ritenuto la classificazione della sostanza, appunto, cancerogena. Sulla base di tale conclusione la Commissione aveva adottato un regolamento (il 2020/217) che la riconosceva «sospettata di essere cancerogena per l'uomo, per inalazione».
Di qui il ricorso di alcuni produttori, importatori, utilizzatori a valle e fornitori; ricorso accolto dai Giudici di Bruxelles che, nell'annullare il regolamento citato nella parte relativa alla classificazione e all'etichettatura armonizzata del biossido di titanio in quanto sostanza cancerogena per inalazione sotto determinate forme in polvere, hanno argomentato spiegando che la Commissione era incorsa in un errore manifesto nella valutazione dell'affidabilità e dell'accettabilità dello studio sul quale era basata la classificazione e, dall'altro, aveva violato il criterio secondo cui tale classificazione può riguardare solo una sostanza dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro.