di: Fabio Falino - Stefano Tarlon
All’inizio di questo percorso, con la pubblicazione dei primi due articoli su questo tema, (“Sicurezza: quando il lavoratore diventa protagonista ” “Sicurezza: perché il lavoratore deve “maturare” cognitivamente?”) ci siamo chiesti quanto possa influire la determinante cognitiva ed il comportamento dei lavoratori nella prevenzione degli infortuni e/o malattie professionali.
L’esperienza degli ultimi anni ci insegna che un Sistema:
- meramente repressivo non funziona: i lavoratori, pur formati secondo gli obblighi di legge, spesso si adeguano alle regole imposte senza capirle fino in fondo e sono rispettosi di queste regole per lo più nel momento in cui vengono controllati, ma, lasciati soli, agiscono mettendo in pericolo sé e gli altri
- meramente premiante non funziona: i lavoratori, pur coinvolti all’interno di un processo virtuoso stimolante e premiante, a volte, si adeguano alle regole imposte senza metabolizzarle completamente e sono rispettosi di queste regole per lo più nel momento in cui vengono controllati e premiati, ma, cessato il processo virtuoso, spesso, diversi di loro, con il passare dei mesi, decadono nel comportamento ritornando allo stato originario
La soluzione, ci dicono gli studi più recenti, è incrementare la consapevolezza del lavoratore, correggerne le interpretazioni cognitive ed i comportamenti scorretti, possibilmente in modo da influenzarlo (positivamente) in maniera permanente.