Il comportamento anormale e abnorme dell’infortunato di nuovo al vaglio della giurisprudenza: un caso emblematico di virtuosismo aziendale e delle difficoltà interpretative da parte dei giudici.

Il comportamento anormale e abnorme dell’infortunato di nuovo al vaglio della giurisprudenza: un caso emblematico di virtuosismo aziendale e delle difficoltà interpretative da parte dei giudici.

di: Avvocato Daniele Zaniolo

Il comportamento abnorme del lavoratore costituisce una causa di esenzione della responsabilità dei vertici aziendali? Il quesito riguarda, forse, uno degli argomenti più dibattuti in materia di infortuni sul lavoro.

Salvo qualche timida apertura, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha sempre tenuto una posizione rigorosa delimitando al massimo i concetti di “abnormità” ed “anomalia” della condotta dei dipendenti. Ma in tal modo l’area di punibilità dei vertici aziendali si amplia a dismisura. Soltanto comportamenti del tutto avulsi dal processo produttivo, quindi, non rientrerebbero nell’alveo delle condotte garantite dall’impianto normativo antinfortunistico (Cass. Pen., Sez. IV, 31 maggio 2023, n. 23723).
La giustificazione di questa interpretazione poggia sul principio per il quale anche le condotte negligenti del lavoratore sono presidiate dall’ordinamento antinfortunistico. Anzi, si precisa, la disciplina mira proprio a prevenire i comportamenti imprudenti o comunque non appropriati del lavoratore (Sentenza Corte di Cassazione, sez. IV penale, 1 febbraio 2024 n. 4310).

Ma c’è un caso in cui la condotta anomala del lavoratore, qualunque essa sia, non ha efficacia scriminante, ed è quando siano rilevate carenze nell’organizzazione della sicurezza.

In commento l’interessante sentenza della Corte di Appello di Napoli del 6 ottobre 2023, in cui il comportamento anomalo del lavoratore è stato accertato.