La Cassazione penale, con sentenza n. 30789 del 2022, ha stabilito un principio fondamentale: "il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e salute".
In un caso di decesso per un colpo di calore durante i lavori in quota , sempre la Cassazione penale, con sentenza n. 9824 del 2021, ha chiarito che "non è sufficiente la mera constatazione empirica di una temperatura elevata, ma occorre che il datore di lavoro possa riferirsi a parametri tecnici oggettivi, come le allerte meteo della Protezione Civile o altre forme di allertamento locale, che indichino il superamento di valori soglia in uno specifico contesto territoriale".
Il Consiglio di Stato si è spinto oltre (sentenza n. 6455 del 2019) e ha introdotto il concetto di rischio climatico specifico: "quando fattori meteorologici caratterizzino stabilmente l'ambiente lavorativo e si inseriscano in un contesto produttivo che si svolga all'esterno, l'attività presenta un rischio specifico dovuto all'interazione degli agenti climatici con le operazioni lavorative".
Il rischio termico deve essere considerato come un "rischio emergente" che richiede un approccio proattivo da parte del datore di lavoro al quale spetta il compito di elaborare strategie di adattamento preventivo che tengano conto delle proiezioni climatiche future.
Soffermiamoci, brevemente, sulla principale casistica nei settori: Lavori stradali e cantieristica, Settore agricolo e forestale, Edilizia e costruzioni.