L’accertamento dell’inquinamento e del ripristino ambientale dell’area secondo la Corte di Cassazione: due pesi e due misure?

L’accertamento dell’inquinamento e del ripristino ambientale dell’area secondo la Corte di Cassazione: due pesi e due misure?

di: Avvocato Daniele Zaniolo

L’art 452-bis c.p. - che definisce il reato di inquinamento ambientale - stabilisce che la compromissione o il deterioramento (dell’aria, dell’acqua , del sottosuolo o di un ecosistema) causato dalla condotta del reo, siano significativi e misurabili.

Fin da subito la giurisprudenza ha chiarito che l’inquinamento deve essere “misurabile”, ma non “misurato”. E non è una differenza di poco conto, soprattutto nell’ambito di un processo.

La sentenza della Corte di Cassazione Pen. Sez. III, 1° aprile 2025, n. 12514 offre rilevanti spunti interpretativi relativi al delitto di inquinamento ambientale e all'applicabilità dell'attenuante del ravvedimento operoso ex art. 452-decies c.p.

La Corte, in linea con il proprio orientamento esegetico pregresso, nel respingere gran parte dei motivi di ricorso degli imputati, ha confermato che il reato di cui all’art. 452-bis c.p. costituisce un reato di danno per la cui integrazione non è necessario l'espletamento di specifici accertamenti tecnici. È infatti sufficiente il riscontro empirico delle conseguenze negative della condotta, come affermato in precedenti pronunce (Cass. Pen., Sez. III, n. 28732/2018 e n. 46170/2016).

Dal punto di vista strettamente giuridico, ammettendo la prova meramente empirica, si finisce con il rendere monca la fattispecie incriminatrice e svalutare il concetto di misurabilità della compromissione ambientale.

Vediamo la sentenza nel dettaglio